Esiste il Diritto di morire?
Tra eutanasia, suicidio assistito e sedazione palliativa: una tematica delicata
Mi accingo a trattare il tema del fine vita con la consapevolezza che si tratta di tematica
assai delicata e divisiva e lo introduco con i dati statistici raccolti dall’Istituto Eurispes, in
relazione al bio-testamento, che riporto. Nel 2022, le persone favorevoli al bio-testamento
rappresentavano il 69,3%, in leggero calo rispetto al 2021, quando la percentuale era del
71,5%. Per quanto riguarda le differenti fasce d’età, il grado di consenso per il testamento
biologico variava dall’80,3% dei 25-34enni fino al 60,5% degli over 64, con posizioni
intermedie espresse dai 18-24enni (favorevole il 75,8%), dai 35-44enni (71,9%) e dai 45-
64enni (69,1%). Tali dati restano, orientativamente, inalterati anche per eutanasia, suicidio
assistito e sedazione palliativa. I numeri raccontano, dunque, di una società italiana molto
ben orientata al riconoscimento di ciò che chiamo il “diritto di morire” e che stupisce non
poco. Stupisce, ad esempio, per il fatto che la stessa società italiana è a maggioranza
cattolica. Diciamo, ipoteticamente, nella stessa misura dei dati sopra citati. Ora, delle due
l’una. O la società italiana è cattolica ed allora i numeri sull’adesione al c.d. diritto di morire
non sono veritieri, ma ne dubito, oppure la società italiana non è più a maggioranza cattolica.
C’è però, anche un’altra lettura che si performa con una società italiana cattolica sì, ma di
un cattolicesimo tiepido, ridotto e decentrato. Credo, in buona sostanza, che tale ultima
ipotesi sia quella più vicina al vero. Se dal religioso, dove il vincolo imprescindibile è la vita,
dal concepimento alla morte, si passa alla normazione della Carta fondamentale dello Stato,
ci si trova, innegabilmente, di fronte alle medesime problematiche. Laddove la nostra
Costituzione ha, invero, una innegabile vocazione alla tutela della vita, quale contenuto
intangibile, come di recente ha ricordato la Consulta con la sentenza n. 50/2022 e, in tal
senso, ci sembra, che gli artt. 2,3 e 32 della Costituzione, sulla tutela del bene vita,
assicurano ad ogni persona, in condizione di fragilità, la cura.
Da una parte “Tiepidezza cattolica” e dall’altra “Tiepidezza costituzionale” ci costringono ad
un ulteriore passaggio logico, non prima, però, di aver considerato un nuovo elemento.
Quello che la Carta Costituzionale italiana porta in sé, due millenni di storia cristiana, che
ha distinto l’occidente, rendendolo culla di civiltà umana. E, tuttavia, a stretto rigore, se la
“tiepidezza cattolica” non ha esiti censurabili se non per le stesse coscienze coinvolte, non
così per la “tiepidezza costituzionale”, dove il c.d. diritto di morire, per i motivi che abbiamo
detto, non esiste e non può esistere, a meno di un cambiamento radicale delle norme
portanti della Carta, dei valori e dei principi che la informano e, che ribadiamo, sono quelli
della tutela della vita. La Costituzione è stata tante volte strattonata, ma ha sempre retto
nella sua totalità ed integrità. Ora, però, occorre fare attenzione, perché il dilemma è assai
profondo. E senza infingimenti, chiarire a noi stessi, se e come, queste nuove pressioni
provenienti dalla società civile, possano armonizzarsi con la Carta. Ma laddove
l’armonizzazione non sia possibile, allora senza ipocrisia ed infingimenti si dovrà cambiare
la Costituzione introducendo “il diritto di morire”. Non possiamo, ogni volta, prorompere
sistematicamente, nell’articolato costituzionale, fino a svilirne il profondo significato anche
di coesione sociale. Il decisore ne prenda atto e legiferi conseguentemente. Invece, come
sempre accade, e forzando la mano alla Costituzione, si ha che in Italia a seguito della
campagna c.d. “eutanasia legale” promossa dall’associazione Luca Coscioni, il 3 marzo
2016, per la prima volta nella storia del Parlamento italiano, è iniziato il dibattito sulle “Norme
in materia di eutanasia” senza mai arrivare a una votazione. Nel gennaio 2019 il Parlamento
ha ripreso il dibattito sotto la spinta della Corte costituzionale, ma anche questo si è arenato
senza portare a un testo base. Nel frattempo, al fine di riprendere la discussione parlamentare, l’Associazione Luca Coscioni, ha agevolato la creazione di un inter-gruppo parlamentare sul tema. Così, il 10 marzo 2021, una proposta di legge sul fine vita, ha ricevuto il primo via libera dall’Aula della Camera con 253 voti a favore e 117 contrari ed un astenuto. Ad oggi, la proposta di legge è ferma al Senato. Ma vediamo lo stato dell’arte. Fatte le debite differenze tra eutanasia, suicidio assistito e sedazione palliativa si ha che In Italia praticare l’eutanasia costituisce reato, art. 579 c.p. (Omicidio del Consenziente) e 580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio). Al contrario, il suicidio assistito, inteso come assistenza di terzi, nel porre fine alla vita di una persona malata, è legittimato, ma non praticato. La sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale ha, infatti, individuato quattro requisiti che possono giustificare un aiuto al suicidio: la presenza di una patologia irreversibile; una grave sofferenza fisica e psichica; la piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli; la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Invece, la sospensione delle cure è un diritto sancito dall’art. 1 della legge 219/2017, che stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Il che vuol dire che porre attivamente fine alla propria vita è molto diverso rispetto a scegliere di rinunciare ad un trattamento, che è infatti consentito in tutti i paesi europei, a differenza dell’eutanasia.
In Conclusione. In Italia non è possibile effettuare né eutanasia, né suicidio assistito se
non, quest’ultimo, alle condizioni sopra ricordate ex sentenza Corte Costituzionale
24272019, mentre la diffusione di queste pratiche nel resto del mondo è molto varia. In
Olanda l’eutanasia è legale dal 2002 e il suicidio assistito dal 2004, anche ai minori di età
superiore ai 12 anni, purché con il consenso dei genitori fino ai 16 anni. Nei Paesi Bassi
devono sussistere una serie di condizioni, tra cui la piena e consapevole volontà di porre
fine alla propria vita e la sussistenza di sofferenze insopportabili, nonché l’assenza di
un’alternativa ragionevole. Anche negli USA l’aiuto a morire è consentito, ma solo in alcuni
stati come New Jersey, Washington State e Oregon. Nella vicina Svizzera è consentito solo
il suicidio assistito.
Per finire, pongo, a voi e a me stessa, una domanda che, credo, sia la madre di tutte:
Il diritto di morire è un diritto umano? Solo se la risposta è sì, si cambi pure la Costituzione, se invece la risposta è no, allora vale, davvero, la pena conservarla e difenderla.
Prospettando che a difenderla, ne sono sicura, ci saranno i cattolici e i costituzionalisti, non
tiepidi.